Il complesso della soia è composto dal seme e dai suoi due sottoprodotti: la farina e l’olio. Il processo di estrazione è basato principalmente su due tipi di spremitura: quella completamente meccanica e quella meccano-chimica. Per ogni tonnellata di seme di soia immesso nel processo si avranno in media 180 kg di olio e 800 Kg di farina, 20 Kg andranno in scarto. Il grafico a torta qui sotto mostra questo risultato in percentuale. Il mercato di Chicago (Cme) tratta i contratti a termine (futures) di tutti e tre questi componenti, la soia ha 7 scadenze annuali (gennaio, marzo, maggio, luglio, agosto, settembre, novembre), la farina e l’olio 8 scadenze, le stesse della soia fino a settembre più quella di ottobre e dicembre saltando novembre. Tenuto conto del rapporto di produzione sopra descritto, è possibile calcolare per ogni scadenza il rendimento delle macinazioni che il mercato consente alle industrie di estrazione. Questo rendimento potrà essere aumentato o diminuito dai costi della logistica, infatti, un buon posizionamento del sito di produzione rispetto ai mercati di approvvigionamento e consumo, in alcuni momenti, fa la differenza tra utile e perdita.
Prima di arrivare al rendimento di macinazione vi propongo l’andamento normalizzato, in percentuale d’incremento dei prezzi, di questi tre prodotti a partire dall’1 gennaio 2007, anno dal quale abbiamo iniziato a registrare i prezzi puntuali dei diversi futures. Come potete vedere nel grafico della figura 2, in questi 11 anni possiamo evidenziare 3 fasi: la prima va dal 2007 alla fine del 2008 e vede i prezzi muoversi ad unisono, il rapporto tra le tre componenti rimane stabile; la seconda fase va dalla fine del 2008 al 2012 e vede un minor incremento dell’olio rispetto alle altre due componenti, all’interno di questo periodo, precisamente nel 2011, si può notare un incremento del seme superiore a quello delle altre due componenti con un chiaro danno per l’industria di macinazione; dal 2013 fino ai giorni nostri questi mercati sono stati in gran parte ribassisti, l’olio è sceso in misura sensibilmente superiore rispetto al seme e alla farina. Questa situazione segnala un forte appesantimento del mercato degli oli di semi, condizionato da quello di palma che ha conosciuto un forte incremento delle aree di coltivazione.
Per meglio inquadrare questo fenomeno ho cercato di valutare il valore aggiunto da ogni singolo sottoprodotto per ogni tonnellata di soia macinata, si tratta di un artificio in quanto il processo è fisso e non può privilegiare un prodotto rispetto all’altro. Nel grafico della figura 3 la linea blu evidenzia il valore aggiunto della farina e quella rossa dell’olio. La farina di soia è rimasta, negli ultimi 11 anni, largamente in negativo con due picchi in area -100 $, viceversa, quella dell’olio è stata largamente positiva con due picchi, il primo a 170 $ e il secondo a 140 $. Fino al 2013 l’olio ha garantito la totale copertura delle perdite della farina, dal 2014 in poi il suo valore aggiunto positivo è diminuito così come si è ridotta la perdita della farina. Questo grafico mette chiaramente in evidenza come, mano a mano che i macinatori vedono ridurre il margine dell’olio, cercano di recuperare valore dal mercato della farina, se questo non è possibile riducono l’offerta innescando così un successivo rialzo.
La combinazione dei valori aggiunti dell’olio e della farina è il valore aggiunto di macinazione rappresentato nella figura 4, come potete vedere questo valore varia da minimi intorno ai 40 $ a massimi di 70 $. Nel 2011 è stato raggiunto un minimo vicino allo zero che ha portato alla sospensione temporanea di alcune macinazioni, dal 2014 in poi sono stati raggiunti alcuni massimi superiori ai 70 $: quello del 2014, vicino ai 100 $, è stato raggiunto grazie ad una maggior caduta della soia rispetto al prezzo della farina, quello del 2016, vicino ai 90 $, ad un maggior incremento della farina rispetto al seme.
Proprio perché la farina di soia ha aumentato il suo peso nell’ambito di questo complesso, vi propongo il grafico della figura 5 che mette in relazione il valore aggiunto per tonnellata di seme con il prezzo della farina di soia. Come potete vedere ogni volta che il valore aggiunto ha raggiunto i minimi in area 40 $ la farina si trovava su minimi di medio periodo, successivamente ha sempre conosciuto rialzi di medio termine. Tutte le volte che il valore aggiunto ha raggiunto o superato 70 $ si sono creati dei massimi della farina, unica eccezione nel 2014 quando il valore aggiunto è aumentato in seguito a un maggior ribasso della soia rispetto alla farina.
Il grafico del figura 5 è aggiornato al 1 dicembre scorso e vedeva il valore aggiunto in area 65 $, Nelle ultime settimane si è sviluppato un rialzo dopo circa 9 mesi di stabilità in area 56 $, questo incremento è dovuto ad un maggior aumento della farina rispetto al seme. Il rialzo della farina è stato più che proporzionale alla caduta dell’olio. Una volta raggiunta l’area dei massimi del valore aggiunto è possibile che il trend rialzista della farina possa terminare.