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Le parole del ministro dell’agricoltura degli Stati Uniti, che hanno acceso una luce sull’ammontare del debito del settore agricolo, hanno ingenerato un brivido di preoccupazione negli operatori del settore delle materie prime agricole. Nel 2018 il debito complessivo degli operatori agricoli ha raggiunto i 426 miliardi di dollari, 9 in più rispetto all’anno precedente. Come potete vedere dal grafico della figura 1, elaborato dall’USDA, circa il 61% di questo debito (area gialla della colonna) è garantito da ipoteche sui terreni, per la restante parte (aree verde della colonna) si tratta di prestiti di conduzione.

Fig. 1

Il grafico mette in evidenza come l’ammontare dei debiti abbia quasi raggiunto il massimo storico di questa serie, calcolata al netto dell’inflazione. Questo massimo risale al 1979, successivamente si innescò una crisi finanziaria del settore agricolo che ebbe il suo apice nel 1986. La crisi ebbe un  impatto significativo sul sistema bancario statunitense, soprattutto sulle Casse di Risparmio locali che in buon numero furono costrette a dichiarare bancarotta.

Proprio sull’ipotesi di una ripetizione dello stesso fenomeno risiede la preoccupazione degli operatori.

Quella crisi fu determinata da due eventi avversi:

1) periodo prolungato di prezzi bassi dei cereali e della soia;
2) elevato aumento dei tassi d’interesse.

Il primo fenomeno depresse le entrate degli agricoltori, il secondo ne aumentò i costi. Questa situazione ebbe effetti negativi sul valore dei terreni, come potete vedere dalla figura 2 colonne arancioni, questo scese dai 2.000 miliardi del 1980 ai 1.100 miliardi del 1986 con una perdita di quasi il 50%.

Fig. 2

La caduta del valore delle garanzie nei mutui fondiari mise in difficoltà le banche che fermarono l’erogazione del credito, costringendo così parecchie aziende agricole alla bancarotta. Conseguenza secondaria, ma non meno importante, fu l’aumento delle aste giudiziarie dei terreni che spinsero ulteriormente al ribasso il loro valore.

Se il valore dei debiti ha raggiunto quello del 1979, il valore delle proprietà fondiarie si trova ora a 2.560 miliardi, livello superiore di 506 mld (+25%) rispetto a quello del 1979, questa migliore situazione a livello di sistema è confermata anche dal rapporto di copertura dei debiti delle singole aziende, nella figura 3 l’USDA propone la serie storica di due indici:

  • rapporto debito/capitale proprio (debt to equity ratio) linea blu;
  • rapporto debito/totale attività (debt to asset ratio) linea gialla.

Fig. 3

Il primo indice è ora al 16,1%,  significa che per ogni 100 $ di capitale dell’imprenditore la banca e i creditori finanziano 16 $, questa percentuale è più bassa rispetto a quella del 1979 quando era del 19%, tuttavia, siamo di fronte ad un peggioramento che continua dai minimi del 2012, quando raggiunse il 12,7%.

Anche il rapporto del debito rispetto al totale delle attività si trova ad un livello inferiore rispetto a quello del 1979,   l’attuale 13,9%  è però a un livello superiore rispetto al minimo del 2012 dell’11,28%.

Questa situazione nel complesso non è così allarmante come i livelli del debito potrebbero far credere, certamente la guerra commerciale con la Cina e il deterioramento del commercio internazionale proiettano sul prossimo futuro delle ombre, tuttavia, proprio queste ombre dovrebbero limitare eventuali futuri aumenti dei tassi della Banca Centrale statunitense.

Risulta significativo, come evidenziato dalla figura 3, che i livelli di maggiore copertura dei debiti con il capitale proprio siano avvenuti nel 2006 e nel 2012, anni nei quali le rese furono sui minimi in seguito a siccità diffusa; il conseguente incremento dei prezzi generò un valore aggiunto superiore alla perdita derivante dalla caduta della resa, migliorando così le casse degli agricoltori.

Al contrario, negli ultimi anni i nuovi record della resa statunitense di mais e soia hanno portato ad una riduzione dei prezzi, la conseguente perdita di valore aggiunto non è stata compensata dall’ aumento della produzione in termini quantitativi, facendo così peggiorare la situazione finanziaria delle aziende agricole.

Un ulteriore aumento delle rese con un mancato aumento dei consumi, visti i venti di crisi che sembrano aver iniziato a spirare, potrebbero creare più danni rispetto a un eventuale aumento dei tassi.

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