Il prezzo è il rapporto di scambio tra un bene ed un valore o tra un valore e un altro valore. Nel caso dei prezzi delle materie prime del mercato di Chicago il rapporto identifica quanti dollari servono per acquistare un bushel di mais, soia o frumento. Alla stessa maniera la quotazione dell’EURO/DOLLARO, identifica quanti dollari servono per acquistare 1 euro. Quindi, una perdita di valore del dollaro dovrebbe, in teoria, aumentare il valore espresso in questa valuta di tutti gli altri beni. Sul mercato internazionale le principali materie prime agricole sono quotate in dollari, per questo ad una rivalutazione dell’euro si è notata, molte volte, un aumento dei prezzi delle commodities. Da questa osservazione è derivata la convinzione che queste materie prime siano correlate con l’euro/dollaro, più propriamente con l’euro. Ma che cosa è successo nel 2017?
Nella tabella della figura 1 è evidenziato lo scostamento dell’euro/dollaro nel 2017 che è stato del 13,9%, in pratica a fine dicembre 2017 per comprare un euro era necessario il 13,9% di dollari in più rispetto a quelli del primo di gennaio 2017. Per questo possiamo dire di che l’euro si è rivalutato mentre il dollaro si è svalutato.
Se la correlazione tra euro/dollaro e materie agricole avesse funzionato il prezzo di queste espresse in dollari sarebbe dovuto aumentare del 13,9%.
Come potete vedere dalla stessa tabella questo non è avvenuto. Ora vediamo caso per caso:
- Il CORN (mais): la chiusura dell’anno è stata dello 0,3% inferiore rispetto all’apertura, per un operatore dell’area dollaro è rimasto praticamente invariato, per un operatore dell’area euro il prezzo del mais quotato a Chicago è sceso del 14,2%. Durante l’anno il prezzo in dollari è stato poco volatile, infatti, il massimo dell’anno è stato del +15% rispetto all’apertura mentre il minimo ha taccato un – 6,7%.
- Il WHEAT (frumento): la chiusura dell’anno è stata superiore del 4% rispetto all’apertura, per un operatore dell’area dollaro il potere di acquisto è leggermente aumentato mentre per un operatore dell’area euro il prezzo in questa valuta è sceso del 9,4%. Il frumento quotato a Chicago è stato sicuramente il più volatile delle materie prime agricole, infatti, il massimo dell’anno è stato superiore del 40,55% rispetto all’apertura mentre il minimo ha toccato solo il – 3,5%.
- Il SOYBEAN (soia): la chiusura dell’anno è stata del 4,1% inferiore rispetto all’apertura, un operatore dell’area dollaro ha registrato una perdita di potere d’acquisto di questa entità, un operatore dell’area euro ha visto il prezzo in questa valuta scendere del 18,1%. Durante l’anno il prezzo in dollari è stato poco volatile, infatti, il massimo dell’anno è stato del +7,5% rispetto all’apertura mentre il minimo ha taccato un – 10,3%.
- La SOYBEAN MEAL (farina di soia): la chiusura dell’anno è stata superiore dello 0,2% rispetto all’apertura, praticamente è rimasta ferma, per un operatore dell’area euro il prezzo in questa valuta è sceso del 13,7%. Durante l’anno il prezzo in dollari è stato poco volatile, infatti, il massimo dell’anno è stato del +12% rispetto all’apertura mentre il minimo ha taccato un -7,8%.
- Il Soybean oil (olio di soia: ): la chiusura dell’anno è stato dello 4,1% inferiore rispetto all’apertura, Il produttore dell’area dollaro ha registrato una perdita di potere d’acquisto di questa entità, un operatore dell’area euro ha visto il prezzo in questa valuta scendere del 18,1%. Durante l’anno il prezzo in dollari è stato poco volatile, infatti il massimo dell’anno è stato del +6,7% rispetto all’apertura mentre il minimo ha taccato un – 10,9%.
La mancata correlazione valutaria ha prodotto un netto ribasso dei prezzi in euro e una perdita di potere d’acquisto per i produttori dell’area dollaro.
Ma questa mancata correlazione è stata comune a tutte le materie prime?
Per rispondere a questa domanda ho preparato la tabella della figura 2.
Come potete vedere il petrolio si è rivalutato leggermente meno dell’euro ma non si può negare che la correlazione abbia funzionato, per un operatore agricolo dell’area dollaro questo ha significato un aumento di parecchi costi legati a questa materia prima. Per l’oro la correlazione è stata quasi perfetta. Il rame, invece, spinto dalla forte richiesta alimentata dalla crescita cinese e americana, si è rivalutato in maniera superiore raggiungendo un + 31% in dollari, di conseguenza è aumentato anche in euro +17,7%.
Ma allora perché le materie prime non si sono rivalutate?
Il grafico della figura 3 mostra lo stato di copertura dei consumi con i magazzini delle materie prime agricole di base: frumento, mais e soia della corrente campagna. Questo indicatore ci mostra chiaramente chi ha in mano il mercato, quando il rapporto tra magazzini e consumi (colonna azzurra) si trova vicino ai massimi (linea verde) il mercato è in mano alla domanda, cioè ai compratori; quando questo rapporto è vicino ai minimi (linea rossa) il mercato è in mano all’offerta, cioè ai venditori. Come potete vedere sia il frumento sia la soia vedono questo indicatore sui massimi, il mais è in una situazione mediana, tuttavia, la succedaneità con il frumento ne condiziona i prezzi al ribasso.
Nella campagna 2017/18 è chiaramente in mano ai compratori, questi, grazie all’abbondanza dell’offerta, non hanno permesso una rivalutazione delle materie prime agricole.
Se nella prossima campagna le condizioni climatiche spingeranno questo indicatore al ribasso, i venditori avranno la possibilità di recuperare almeno il terreno perduto a causa della svalutazione del dollaro, sempre che questa persista.