Alcuni lettori del mio Blog mi hanno chiesto come mai il differenziale tra i mercati a termine e i mercati locali è così variabile. Nella figura 1 vi mostro il nostro punto giornaliero sui prezzi dei mercati a termine, Chicago e Parigi (cerchio rosso), e dei mercati fisici italiani, Milano e Bologna (cerchio blu), chiaramente le rilevazioni dei primi sono quotidiane mentre per i secondi sono settimanali quindi con un ritardo di adeguamento. Al di la di questa diversa tempistica di rilevazione i differenziali sono mutevoli per una serie di ragioni che ora andrò ad analizzare.
La prima importante differenza è legata alla consegna, quella dei mercati a termine è differita mentre quella dei mercati locali e intesa a pronti. La teoria vuole che il mantenimento della materia prima in magazzino abbia un costo, il compratore volendo rimandare la consegna dovrebbe pagarlo andando a sommarsi al prezzo a pronti. Questa situazione dovrebbe far si che i prezzi a termine siano sempre superiori rispetto a quelli a pronti, tuttavia, la storia ci insegna che in parecchi casi non è così.
In pratica ci sono diverse leve che agiscono sulla dinamica dei prezzi a termine e su quelli del fisico a pronti, ecco quali:
- Scarsità
- Eccedenza
- Costi di trasporto
- Margine di intermediazione
- Tasso di interesse
- Raccolti a cui si riferiscono i prezzi
Vediamo ora quale impatto ha ogni singola leva:
Scarsità
Quando un evento atmosferico, siccità o alluvione, ha un forte impatto su un’area a forte vocazione agricola si può creare una scarsità di alcune materie prime. In questi casi i prezzi dei mercati fisici tendono a salire più rapidamente rispetto a quelli dei mercati a termine, creando così una struttura dei prezzi discendente, il prezzo a pronti può essere anche di un 20% superiore rispetto a quello a termine. La logica di questo fenomeno risiede nella probabilità positiva che nel periodo successivo, a 6, 12, 18 mesi ci possa essere un raccolto, in qualche altra area del mondo, che possa ricostruire le scorte. Questa situazione è denominata in gergo mercantile di BACKWARDATION. Nella figura 2 potete vedere il differenziale in percentuale dal 2012 della soia sul mercato americano tra i prezzi per consegna a breve scadenza rispetto a quelli di lunga scadenza. Come potete notare dal 2012 al 2014 questo differenziale era negativo con picchi del 20%, cioè la soia per consegna ad un anno costava il 20% in meno rispetto a quella per consegna a pronti. Questo fenomeno è durato circa 4 anni, dal 2011 al 2014. L’evento scatenante di questa situazione fu la siccità che colpì diversi paesi tra il 2011 e il 2012.
La scarsità ha effetto anche sul differenziale tra i mercati locali e quelli a termine, infatti, quando un mercato periferico è in deficit il costo delle materie prime assorbe tutti gli oneri di trasporto dai mercati eccedenti. Esempio tipico è la soia di cui l’Europa è enormemente deficitaria, in questo caso il prezzo include tutti i costi di trasporto dal continente americano.
Eccedenza
Quando, dopo alcuni anni di buoni raccolti e/o di consumi in calo, si crea una forte eccedenza e i magazzini sono ai massimi avviene il fenomeno opposto: i prezzi spot o a breve termine di consegna sono significativamente più bassi rispetto a quelli a termine. La logica di questo fenomeno è la scarsità dei siti di stoccaggio rispetto alla necessità e la probabilità che i raccolti futuri non siano così abbondanti. Questa situazione crea una struttura dei prezzi ascendente, dove quelli per consegna a pronti sono inferiori rispetto a quelli con consegna differita. Il prezzo a pronti può essere anche inferiore di un 20% rispetto a quello a termine. Questa situazione è denominata in gergo mercantile di CONTANGO. Nella figura 3 potete vedere il differenziale in percentuale dal 2012 del frumento sul mercato americano tra i prezzi per consegna a breve rispetto a quelli a lunga scadenza. Come potete notare dal 2016 a oggi il differenziale ha toccato diverse volte il 20%, in pratica il prezzo per consegna ad un anno era superiore, in ragione di questa percentuale, rispetto a quello con consegna a breve termine. Questo fenomeno è stato reso possibile da 3 anni con raccolti mondiali sui massimi storici.
Anche l’eccedenza ha effetti diretti sui mercati locali, infatti, l’abbondanza di materia prima obbliga i suoi detentori ad assorbire una parte dei costi di trasporto per allinearli a quelli della migliore offerta proposta dalle aree più vicine ai mercati in fase di scarsità. Ad esempio nel settembre/ottobre 2017 la farina di soia in Argentina quotava uno sconto superiore a 30$ rispetto al prezzo di Chicago, questo al fine di competere nel sud-est asiatico con la farina statunitense che aveva costi di trasporto inferiori.
Il margine di intermediazione
Le attività d’importazione delle granaglie e dei semi oleosi è in mano a pochi Trader Internazionali che difficilmente mettono a repentaglio i loro limitati margini per acquisire quote di mercato. Cosa diversa è il mercato della rivendita che vive sui disallineamenti tra la domanda e l’offerta. Per materie prime come la soia e la sua farina, che necessitano tempi di trasporto superiori al mese, si possono creare facilmente momenti di eccedenza e scarsità che hanno effetti sul margine di intermediazione dei commercianti locali. Quando i trader internazionali non hanno problemi a coprire il rischio prezzo per la durata del trasporto, i magazzini portuali sono pieni, in questo caso l’attività di rivendita si trova con margini ai minimi o addirittura negativi, come è successo nello scorso novembre 2017. Viceversa, quando i premi positivi dei mercati d’imbarco rendono difficile la copertura totale del rischio, i magazzini portuali vedono ridursi le loro giacenze, in questo caso i margini della rivendita si portano sui massimi. Nella figura 4 è riportato il grafico del differenziale tra la farina di soia quotata a Milano e quella quotata sul contratto più prossimo alla scadenza di Chicago.
Il prezzo di Milano, oltre ai costi d’importazione e di trasporto fino alla sua area, comprende anche i margini d’intermediazione, questi hanno raggiunto un massimo quando il differenziale ha toccato il picco di 188 euro nell’ottobre 2013 mentre ha ritestato i minimi nel novembre scorso, quando il differenziale ha toccato 29€. Con la cancellazione di diversi ordini a termine da parte dei commercianti locali il differenziale si è riportato sopra i 60 €, questo a vantaggio anche del margine d’intermediazione.
Il tasso di interesse
Come abbiamo visto in precedenza la teoria dei prezzi a termine è basata sulla logica dei costi di mantenimento, in pratica un prezzo futuro è dato dal prezzo del fisico a pronti aumentato dei costi per mantenere la merce fino alla scadenza. I costi di mantenimento sono quelli che potete vedere nella parte superiore della figura 5.
I costi di stoccaggio si riferiscono in larga parte all’ammortamento dei silos, quelli assicurativi ai danni da incendio, furto e atmosferici. Il terzo elemento è quello dei costi di finanziamento che è in larga parte preponderante. L’insieme di questi costi rapportati in percentuale sul prezzo della materia prima è chiamato in gergo tasso del full carry, nell’esempio l’ho stimato nel 5,5%. Naturalmente un incremento dei tassi d’interesse di mercato ha immediatamente effetto sui costi di finanziamento con effetti rialzisti sui prezzi a termine. Nell’esempio, parte bassa della figura, sono riportati i prezzi del future mais sul mercato di Parigi al 26 febbraio 2016, il contratto di marzo 16, a pochi giorni dalla scadenza e quindi allo stesso livello del fisico, quotava 146,25 mentre quello di giugno quotava 150,75 con un differenziale del 4,5% per 90 giorni che corrisponde a un tasso annuo dell’11,12%. In quel momento il mercato consentiva margini superiori ai costi di mantenimento in quanto era eccedente di materia prima.
Raccolti a cui si riferiscono i prezzi
Se confronto il prezzo della materia prima fisica con un prezzo a termine (future) devo ricordarmi a quale raccolto fanno riferimento, questo specialmente nel periodo finale della maturazione del cereale o del seme oleoso. Il mercato fisico quota il vecchio raccolto fino al momento in cui non è disponibile quello nuovo. L’ultimo futures di un raccolto di solito scade da uno a due mesi prima del raccolto, quindi mi posso trovare con un prezzo a termine che si riferisce ad un raccolto diverso rispetto a quello del prezzo a pronti. Nell’esempio della figura 6 nella tabella sono riportati i prezzi settimanali da fine giugno ai primi di agosto del 2013 del mercato di Milano e di quello di Parigi.
Fino all’ultima settimana di luglio i due prezzi si sono avvicinati sempre di più, partendo da un differenziale positivo per Milano di 15 arrivando ad uno di 5,5 il 26 luglio, entrambi facevano riferimento al raccolto 2012. Quel raccolto fu scarso in quasi tutte le aree del mondo e portò il prezzo sui massimi storici, la scarsità aveva mantenuto questo su livelli elevati fino a luglio. Dal mese di agosto il contratto frontale dei futures di Parigi era quello con scadenza novembre 13, in quel periodo quotava 50 euro in meno rispetto agli ultimi prezzi del contratto di agosto. In quella fase di maturazione arborea gli operatori scontavano nel prezzo una produzione ben più consistente rispetto alla campagna precedente, pertanto nel mese di agosto il differenziale tra il prezzo di Milano e il future frontale di Parigi salì a 40 €. Il prezzo fisico poté mantenere questo differenziale grazie alla scarsità di materia prima, nonostante l’abbondanza che si vedeva all’orizzonte, i mercati fisici sono condizionati più dal quì e ora mentre quelli dei futures dalle aspettative.
Ho scritto questa analisi sui differenziali per chiarire alcune dinamiche che sottendono alla formazione dei prezzi sui mercati locali, questi concetti saranno utili per un mio prossimo post che parlerà dei Premi e dei loro contratti.