L’USDA, il Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nel mese di maggio di ciascun anno rilascia la stima dei costi di produzione di diverse colture relative alla campagna dell’anno precedente, in questo caso quella del 2017.
I dati che vi esporrò sotto sono tratti da queste stime riferite a costi e ricavi in dollari per acro, nelle tabelle li ho converti in euro tonnellata per permettervi un confronto con i costi italiani.
La produzione degli Stati Uniti della campagna 2017/18 è stata di circa 47 milioni di tonnellate, in calo di 15 mln rispetto alla precedente, per la sensibile riduzione dei terreni seminati e per la forte siccità che ha colpito le aree del nord-ovest dedite al frumento primaverile. La produzione della campagna in corso è stimata di circa 4 milioni di tonnellate superiore alla precedente, per un totale di 51 milioni.
Questa massa di cereale è divisa in più tipi di seme:
- circa il 40% è misto rosso invernale, utilizzato per la produzione di farina panificabile;
- circa il 20% è primaverile proteico, utilizzato per la panificazione e per elevare il frumento a basse proteine;
- dal 15 al 20% è rosso invernale biscottiero, utilizzato per l’industria dolciaria e per alcuni prodotti da forno;
- circa il 10-15 % è bianco invernale (tipo Mieti), utilizzato per prodotti da colazione e prodotti da forno;
- Ccrca il 3-5% è grano duro per la produzione della pasta.
L’area di produzione del frumento, nella campagna presa in considerazione, è stata di 15,2 milioni di ettari, in calo di circa 2,5 milioni rispetto a quella del 2016, la campagna attualmente in corso ha recuperato circa 800.000 ettari.
L’area media degli appezzamenti presi in considerazione per i calcoli dei costi è di circa 180 ettari, si tratta di una media che comprende i 340 del sud-ovest (Colorado, Utah, Oklahoma e Nord Texas) e i 30 del Wisconsin a ovest dei grandi laghi.
La resa per ettaro del 2017 è stata bassa, circa 2,8 tonnellate per ettaro di media, con un picco del 4,6 del Wisconsin ed un minimo 2,3 del Montana, Nord e su Dakota, Wyoming e Nebraska.
Il 95% dei terreni presi in considerazione non hanno sistemi di irrigazione, l’apporto idrico è quindi ricevuto solo dalla pioggia.
Entrando nello specifico, i costi diretti in euro per ettaro derivano da un cambio euro dollaro di 1,19, media del periodo di coltivazione dell’anno scorso.
Nella tabella della figura 1 trovate tutti i costi diretti, cioè quelli che in ogni caso si dovrà sostenere prima e durante la coltivazione.
La maggior parte delle aziende opera con macchinari propri, il costo del combustibile e manternerli operativi incide per 22 € a ettaro, nella corrente campagna questo costo dovrebbe aumentare di circa il 40%, visto l’incremento del costo del gasolio.
La proprietà dei mezzi porta con sé i costi di riparazione e sostituzione, questa voce per l’anno 2017 ammontava a 44 €.
Il totale dei costi diretti raggiungeva quasi i 224 €, questa è la somma che l’agricoltore ha dovuto finanziare, sempre che gli investimenti necessari in terreni e macchinari fossero già stati effettuati.
Vediamo ora i principali costi indiretti le cui voci totali sono riportate nella figura 2.
Il sistema di analisi dell’USDA stima il costo figurativo dell’attività dell’agricoltore e della sua famiglia per il 2017 in 40 €/ettaro, sono il corrispettivo delle ore necessarie alla conduzione delle aree seminate a frumento.
L’ammortamento dei macchinari è la voce più pesante sul complesso dei costi, circa 190 € a ettaro. In Italia questo costo più quelli del carburante e delle riparazioni sono assorbiti dai servizi conto terzi, mediamente il costo italiano è di circa 2 volte i costi americani.
La seconda voce di costo è quella dell’affitto, in larga parte figurativo. Generalmente in Italia questo costo non viene preso in considerazione dagli operatori agricoli. Si tratta di un rendimento sul capitale investito in un bene alternativo e concorrente in termini di rischio. Per il 2017 l’USDA ha calcolato una percentuale del 4% pari a 131 €. Tenete presente che il costo medio per ettaro di un terreno per coltivazioni intensive è pari a circa 10.000 $, al cambio attuale circa 8.500 €. Nella figura 3 sono esposti i costi dei vari stati dell’unione in dollari per acro, questi, convertiti in dollari per ettaro, vanno da un massimo di 19.000 $ per le aree a sud dei grandi laghi, dove l’attività agricola è prettamente dedicata alla produzione di latte, ai 6.000 $ dell’Oklahoma nel centro sud del paese.
Il totale dei costi di produzione, diretti e indiretti, per l’anno 2017 arriva così a toccare 629,9 € per ettaro, comprensivi anche dei costi figurativi.
I ricavi hanno una forte variabilità dovuta principalmente alla resa, molto variegata come abbiamo visto, ma anche dal prezzo di vendita influenzato dalla diversa logistica; nel 2017 i prezzi sul campo variavano dai 4 $ per bushel del Nebraska e dell’Arkansas ai 5,6 $ per il frumento primaverile del Montana, Dakota del Nord e del Sud e Wyoming. Naturalmente l’anno scorso solo una parte del frumento è stata venduta al raccolto, la restante parte è stata stoccata nei magazzini in attesa di prezzi più remunerativi.
Comunque, al fine di capire la redditività, nel peggiore dei casi l’USDA ha ipotizzato che la vendita fosse stata effettuata in blocco proprio al raccolto.
Come potete vedere nella figura 4, il ricavo medio della vendita del frumento sarebbe stato di 403,8 € tonnellata, a questo si possono aggiungere 18,3 € tonnellata per la vendita della paglia. Il ricavo totale potrebbe essere stato di 422,1 €.
Nella figura 5 questi ricavi sono confrontati con i costi totali, diretti ed indiretti, il risultato è una perdita di 207 € a ettaro, tuttavia, dobbiamo ricordare che tra i costi sono stati allocati 131 € per affitti figurativi. In ogni caso, anche non tenendo conto di questo costo e del compenso per il lavoro svolto, il risultato sarebbe stato comunque una perdita.
Per portare la situazione in utile l’agricoltore avrebbe avuto tre possibilità:
- sottoscrivere uno Swap bancario a 5,5 $/buscel nel luglio 17 per consegna settembre e vendere il frumento al raccolto, in questo caso avrebbe incassato circa 78 €, rimanendo comunque in perdita;
- acquistare una copertura assicurativa, sempre nel luglio 17, al costo di 7 €/tonnellata e vendere al raccolto, quest’operazione avrebbe permesso un incasso aggiuntivo di 61 € a ettaro. In questo caso però avrebbe potuto beneficiare di ulteriori rialzi;
- attendere maggio 2018 e vendere al prezzo di Minneapolis a 5,2 $ con un maggior incasso di 37 €, naturalmente in questo caso avrebbe dovuto sostenere i costi di magazzinaggio.
Conoscere i costi di produzione di una determinata materia prima è interessante sia per il coltivatore, permettendogli confronti costruttivi, sia per gli acquirenti, infatti, capire il livello del punto di pareggio permette di creare un punto fermo nella scala di valore costoso-economico. Inoltre, questo dato permette di individuare il livello di prezzo oltre il quale il produttore sarà interessato ad entrare in copertura.
Nel 2017 il punto di pareggio medio degli Stati Uniti fu di 7,34 $ per bushel, stiamo parlando di un prezzo al campo, il differenziale medio tra il fisico quotato a Minneapolis e il contratto frontale dei futures di Chicago è di 20 centesimi, il costo della logistica. Quindi, il prezzo dei futures sotto il quale i produttori non avrebbero avuto interesse a vendere fu di 7,54 $. Naturalmente stiamo parlando di un anno dove la siccità ha praticamente distrutto buona parte del frumento primaverile. La resa del corrente anno è attesa il salita, nonostante la siccità abbia colpito il sud-ovest, per questo il punto di pareggio sarà sicuramente più basso.
Il break-even di 7,34 $ è una media che comprende quello minimo di 5,82 $ del Wisconsin, Minnesota e Iowa, e quello massimo di 8,45 $ del Montana, Dakota del Nord e del Sud, Wyoming e Nebraska, tutti stati che furono colpiti dalla siccità.
Il calcolo del break-even è stato fatto dall’USDA ipotizzando un unico raccolto, tuttavia, in parecchie aree degli Stati Uniti è possibile un doppio raccolto, questo vantaggio riduce notevolmente il punto di pareggio della gestione di quegli appezzamenti.
Il giorno 29 maggio scorso il contratto future di settembre 18 quotava un massimo di 5,70 $, livello inferiore al punto di pareggio dello scorso anno ma molto probabilmente superiore a quello di quest’anno del Wisconsin e stati limitrofi. Quel livello, inoltre, avrebbe comunque coperto la gran parte dei costi indiretti, compresi i fitti figurativi, di un buon numero di altri stati.
La possibilità di garantirsi un reddito sicuro o la copertura di una parte dei costi figurativi ha spinto diversi produttori a coprirsi, infatti, come potete vedere dal grafico della figura 6, nella settimana chiusasi il 5 giugno è stato raggiunto il massimo degli ultimi 5 anni a 229.000 contratti aperti da questo tipo di operatori.
L’apertura di contratti di copertura attraverso swap, assicurazioni e vendita di futures genera una forte richiesta di controparti in acquisto che spingono poi il prezzo al rialzo (vedi post del 3 ottobre 2017).
Il rialzo generato da questi operatori ha spinto il prezzo negli ultimi mesi dai 4,70 $ dollari di fine marzo al picco del contratto di settembre 18 di 5,70 $, + 21%. La speculazione ha accompagnato la richiesta di vendita da parte dei produttori, nella settimana del 29 maggio i suoi open-inerest netti hanno raggiunto il massimo di +49.000 contratti (fig.7), livello non molto lontano dal massimo storico dell’agosto 2012 quando furono raggiunti i + 59.000 contratti.
Successivamente a questo massimo i produttori hanno ridotto le posizioni per l’avvenuta consegna del fisico, la speculazione non trovando più controparti ha iniziato a ridurre le sue posizioni positive (rialziste).
Nelle scorse settimane il prezzo di Chicago è ritornato al rialzo, non toccando comunque nuovi massimi. La fine delle attività di mietitura e l’inizio della consegna del fisico ha fatto perdere ai produttori l’interesse nelle coperture, la riduzione della loro presenza sta riducendo le controparti per la speculazione rialzista, questa avrà così difficoltà a spingere il prezzo al rialzo per lungo tempo.